Sono stata confezionata un giovedì del millenovecentottanta e poco importa da un padre ricco e onorato mercante di canape e una madre pennivendola. Sono alta 1,87 con le Reebok “pump” al massimo gonfiaggio e porto la seconda di reggiseno se indosso l’extreme Bra.
Ho sofferto come e più di voi delle tempestose stagioni dell’amore: a cinque anni, dopo la prima delusione, mi sono suicidata le tonsille, ha otto (allora ci mettevo l’acca) mi sono fidanzata con uno qualsiasi dei Take That. All’epoca ero una privilegiata, la mia paghetta settimanale era composta da un bigliettone da mille vecchie lire, con cui oggi ci si compra mezzo gelato.
Priva di alcuna determinazione centrica, benchè marchiata a fuoco dalla mediterraneità per via dei colori e del suadente accento napoletano imbastardito con il romanesco-modenese-milanese-toscano, ho fatto le elementari, le medie, il liceo, l’università. Ho avuto come voi i miei maestri, anzi, voi avete avuto i vostri ed io i miei: i miei, in particolare un vecchio greco che si chiamava Platone (co-responsabile di quella che sono oggi), mi hanno insegnato la tolleranza e il disincanto.
Con la Chiesa ho un rapporto di prudenza, sono poco chiesigna, come dicono in Toscana. Non credo in nessun Padreterno, però resto stordita davanti alla forza eversiva della vita, così stupefacente da farmi chinare il capo. Sicuramente non andrò in Paradiso. Ma ricordate che cosa dice il prete quando sposa i due contadini nell’Albero degli zoccoli di Olmi: “Il paradiso comincia qui sulla Terra se ci vogliamo bene”.
A quindici anni un doberman che avevo guardato male mi ha lasciato una decina di punti su una coscia. Ugualmente adoro gli animali. Ho vinto due tornei di tennis al Circolo Vattelapesca, ho imparato a navigare su Internet e ad affittare appartamenti e negozi.
Ho visto crollare le torri gemelle e le facce di chi fugge dalla guerra dopo aver perso figli, amici e parenti (e per fortuna sono ancora abbastanza umana da mandare a quel paese chi pensa che sparare ai barconi di migranti sia un atto di civiltà) e aumentare i prezzi delle ciliegie.
Dottoratami in Medicina, campavo la vita vendendo fiammiferi e almanacchi agli angoli delle strade e così andavo raminga continuando i miei viaggi e miei studi, e in tal guisa, come sogliono i vagabondi, visitai le Fiandre, la Baviera, infine il Nuovo Mondo. Ricondottami in Europa, trapiantata (senza rigetto) nel Paese dei tulipani, quivi mi guadagno il mio tompoes (uno squisito dolce di crema), con un contratto solvibile per un istituto di ricerca.
Nessuno sa quello che mi riservi il futuro. Quello che mi auguro è che ci sia.