Io fino ad aprile 2020 ero una short renter come voi, poi, quando il Turismo si è inceppato e il presente che crediamo di conoscere ha cominciato a mostrare qualche crepa, la cosa più ragionevole mi è sembrata quella di non fare una scommessa sola, aprendomi a nuovi tipi di accoglienza.
Mi sono staccata dal mio scoglio (la vita non è attaccarsi agli scogli) e mi sono tuffata, accettando nuovi percorsi. Dopo l’aggressione virologica e il turismo terremotato dalle fondamenta, il film della mia vita è cambiato, c’è altro sulla pellicola ora.
E’ tutta un’altra storia. Se premo il tasto “play” ora non vedo più un turista a cui disegnare una mappa sul tovagliolo del ristorante o un viaggiatore a cui indicare le strade dove perdersi o i parchi dove riposare, ma creature strane, mai viste prima, un lavoratore mandato da una ditta per un lavoro di tre settimane, uno smart worker fermata Molino Dorino che ha deciso di stare alla larga dall’ufficio e dalle mura domestiche, un professionista in trasferta, una coppia gay in attesa di andare a vivere insieme in un appartamento in via di ristrutturazione, un candidato ad un concorso per infermieri, persone che vogliono essere vicine a familiari infermi o, prese da affannose urgenze sanitarie, interrompere la prossimità con la loro famiglia per limitare la possibilità di contagio, nuove, insostituibili figurine Panini nel grande album dell’Hospitality.
Quanto mi sarebbe costato tenere un appartamento vuoto ogni mese se i turisti a Milano sono scomparsi? Prima li riempivo di turisti, adesso che si sono dissolti, in attesa che si rimaterializzino, devo pensare a portarci qualcun altro.
Per far “girare” i miei appartamenti, ho ritarghettizzato le mie campagne, buttando alle ortiche la vecchia, cara locazione turistica, afferrando al volo la ciambella di salvataggio della locazione transitoria, avviando locazioni brevi (a Milano a canone libero), e lunghe (a canone concordato), e poiché dette locazioni sono affittabili non solo a corpo, ma anche a porzioni, su alcuni immobili ho frazionato la locazione a camere.
La meno impegnativa locazione transitoria si è rivelata un buon affare per me. I riscontri finora sono stati soddisfacenti. Un inaspettato ritorno alla vita.
Non ho nessuna intenzione di darmi delle arie, ma posso dirvi che i margini di profitto, cioè quello che alla fine dell’anno 2020 mi sono messa in tasca al netto delle spese fisse e tasse - perché è questo quello che poi conta alla fine, non l’incasso! - non sono stati affatto malvagi su immobili arredati, posizionati centralmente, in subfascia medio-alta, con le maggiorazioni del canone “concordato” di Milano: aliquota al 10% innescata dalla cedolare sui transitori “lunghi”, IMU scontata del 25%, spese fisse in picchiata.
Senza contare che con i transitori “lunghi” il mio numero di notti è aumentato rispetto al 2019, i periodi di sfittanza in bassa stagione sono diminuiti (altra bella sorpresa) e non devo più osservare gli obblighi amministrativi previsti dall’indigeribile regolamento della mia Regione (locazione turistica = max 30 giorni), ma devo seguire unicamente le disposizioni dello Stato.
Perché? Perché da queste parti la domanda per un alloggio temporaneo diverso da quello dell’albergo, che accolga l’ospite come una “home”, è sentita anche da chi sposta per motivi non turistici, portato a preferire soluzioni non solo più economiche, ma anche più confortevoli rispetto alla classica pensione, e si dà il caso che la domanda, in questi tempi ingrati, sia eccedente rispetto all’offerta e siano ancora pochi i locatori pronti scommettere su questa tipologia contrattuale, giacchè reputano questo segmento d’affitto rischioso e a basso profitto, e io spero che continuino a sposare questa visione ancora per un po’.
Non dico che questa strategia sia applicabile ovunque o che sia facile (i transitori lunghi vanno asseverati da un’organizzazione sindacale, e l’asseverazione ha un costo), ma in una città senza l’eco delle onde e le carezze dei venti montani come Milano, ti permette, in questo tempo di transizione, di restare in piedi e guardare avanti anche in caso di prolungamento delle attese di Covid, che non sembra conoscere stagioni ed essere passeggero.
C’è una canzone degli Afterhours che dice: “Il tuo diploma in fallimento è una laurea per reagire”. Ed io mi sono messa di nuovo in marcia, con le ginocchia sbucciate e la bisaccia mezza vuota, perché per trovare la propria strada, a volte bisogna perderla.