Ritenuta su casa cointestata

David2177
Level 2
Poggibonsi, Italy

Ritenuta su casa cointestata

Buongiorno a tutti, sto affittando via Airbnb come host non professionale un appartamento cointestato con mia sorella. Fino a ora abbiamo semplicemente messo in dichiarazione dei redditi metà del guadagno a testa (applicando la cedolare secca al 21%) e mi sembrava anche comodo che da ora in avanti la ritenuta venisse fatta alla fonte da Airbnb. Il problema è che la funzione di inserimento dei dati fiscali dell'host consente di indicare un solo codice fiscale. Temo che dovremo continuare a gestire le imposte a vecchio senza sfruttare la possibilità della ritenuta alla fonte: mi sbaglio?

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Marco4152
Level 2
Pisa, Italy

la mia situazione è questa: comproprietà al 50% con mio fratello.

Tutte le formalità a mio nome (airbnb, questura, comune ecc), le quote che arrivano da airbnb in accordo con mio fratello arrivano su un conto corrente intestato solamente a me.

Mio fratello non vuole nessuna entrata derivante dall'affitto breve.

Ho risposto si alla mail di airbnb, quindi arriverà una cu intestata solo a me.

Come deve comportarsi mio fratello? deve dichiarare qualcosa o posso limitarmi a pagare solo io la cedolare?

Spero di essermi spiegato

Grazie

Marco

Alberto1535
Level 10
Bologna, Italy

@Marco4152 

Secondo una consolidata interpretazione dell'Agenzia delle entrate, i canoni di locazione devono essere dichiarati (nei redditi fondiari) da tutti i comproprietari in relazione alla quota di possesso, e questo anche nell'ipotesi che il contratto di  locazione sia stipulato da uno solo dei comproprietari e a prescindere dall'effettivo incasso di detti canoni. In altre parole, il comproprietario che non partecipa al contratto di locazione nè incassa proquota il relativo canone, deve comunque dichiarare tale reddito (potendo poi optare per la cedolare secca oppure per la tassazione ordinaria).

Nel caso di un immobile in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da uno solo dei comproprietari esplica effetti anche nei confronti del comproprietario non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichiarare il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile (Circ. AdE 20/E 2012).

 

Questa interpretazione è stata confermata anche nel 2017 (Circ.24E) con riferimento all'applicazione della ritenuta fiscale sui contratti di locazione breve nel caso di contratto stipulato da uno solo dei comproprietari.

Qualora il contratto di locazione sia stipulato da uno solo dei proprietari e, conseguentemente, la ritenuta sia stata operata e certificata solo nei confronti di quest’ultimo, solo il comproprietario che ha stipulato il contratto di locazione potrà scomputare la ritenuta subita dal proprio reddito complessivo o chiedere il rimborso della maggior ritenuta subita sulla quota di reddito a lui non imputabile, qualora non abbia capienza per scomputarla dall’imposta dovuta dal reddito complessivo. Gli altri comproprietari dovranno assoggettare a tassazione il reddito ad essi imputabile pro-quota in sede di dichiarazione applicando la cedolare secca o il regime ordinario di tassazione.

 

Per contro, ci sono diverse sentenze di Commissioni tributarie che contrastano questa interpretazione (il che significa che i contribuenti che non hanno seguito l'interpretazione dell'AdE hanno subito degli accertamenti, a fronte dei quali hanno presentato un ricorso, spesso accolto).

Tra queste, la CTR del Lazio (2022) ha distinto i redditi fondiari da possesso (rendita catastale) dai redditi da locazione.

Per i canoni di locazione è ammissibile un'autonoma imputazione del reddito rispetto al titolo reale di possesso, ove ne risulti concretamente differenziata la percezione.

In altre parole, il canone di locazione può essere dichiarato (per intero) anche solo dal comproprietario che effettivamente lo incassi.

Ma questo comportamento espone al rischio di contenzioso con l'Agenzia delle entrate.

 

 

 

Marco4152
Level 2
Pisa, Italy

Buonasera @Marco4152 grazie per il prezioso chiarimento. Ora questo aspetto mi è decisamente più chiaro. Una domanda pratica: qualora la scelta di applicare la cedolare non sia conveniente (non tanto sotto il profilo meramente economico, ma più che altro "burocratico") sarebbe ancora possibile optare per il regime ordinario?

 

Una delle preoccupazioni è che a seguito dell'imputazione dell'intero reddito all'intestatario locatore ai fini dell'applicazione della cedolare, non ci sia poi confusione in merito all'effettiva titolarità della relativa quota di reddito. Ho letto la risposta che hai dato a un altro host e le circolari dell'Agenzia, che prevedono che i comproprietari siano titolari del reddito in relazione alla propria quota, indipendentemente - ad esempio - dalla titolarità del conto corrente in cui vengono accreditati i relativi canoni... ma mi domando se effettivamente l'intestatario locatore, che per airbnb figura come unico percettore, (anche ai fini dell'applicazione della cedolare), non si trovi poi "in difficoltà" nel dimostrare che ha effettivamente percepito solo una quota e non l'intero, ad esempio in sede di ISEE etc. Grazie se potrai fornirmi altri chiarimenti 

Alberto1535
Level 10
Bologna, Italy

@Lucia2615 buongiorno

Nel caso di locazione breve Airbnb ha l'obbligo di applicare la ritenuta sempre nella misura del 21% (che non è la cedolare secca) e, di conseguenza, il locatore può solo confermare l'applicazione della stessa.

 

Poi in sede di dichiarazione dei redditi, il locatore può scegliere se assoggettare a tassazione ordinaria IRPEF e addizionali il 95% dei canoni di locazione, oppure a cedolare secca (21% o 26% a seconda dei casi) il 100% dei canoni di locazione.

In entrambe le ipotesi verranno detratte dall'imposta dovuta le ritenute giù subite.

 

Ciascun comproprietario deve dichiarare il canone di locazione in relazione alla quota di possesso: è questo il suo reddito effettivo, indipendentemente dalla circostanza che sia stato il comproprietario stipulante (e unico beneficiario) oppure che non abbia partecipato al contratto (nè incassato il canone neppure in quota parte).

In sede di dichiarazione, che è quella che conta, questi problemi fiscali trovano soluzione, secondo quanto prospettato dall'Agenzia delle entrate.

 

Poi esistono soluzioni diverse, riconducibili all'inserimento in dichiarazione del canone complessivo da parte dell'unico comproprietario stipulante e beneficiario dei canoni.

Queste soluzioni, che hanno trovato consenso nella giurisprudenza, sono invece contestate dall'Agenzia delle entrate ed espongono al rischio di un contenzioso.

Una ordinanza della corte di Cassazione prima, e una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio dopo, ci forniscono insieme un quadro modificato e diversamente definito della questione.

L’ordinanza della Corte di Cassazione numero 3085 del 17 febbraio 2016 sul tema ci ha spiegato che le modalità di tassazione “indipendentemente dalla percezione” debbano essere applicate al solo reddito fondiario, che è figurativo, e che quindi per sua natura non è in effetti percepito.

Invece, per i redditi derivanti da locazione immobiliare è possibile una imputazione autonoma, rispetto al titolo di proprietà, nel caso in cui risulti effettivamente differenziata la percezione del canone.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio numero 1733 del 12 aprile 2022, accogliendo il punto di vista dell’Agenzia delle Entrate sulla questione (quindi la prassi sembra accogliere il nuovo approccio interpretativo), ci dice che, ai fini dell’imputazione del reddito imponile derivante da locazione di un immobile in comproprietà, assume importanza costitutiva dell’obbligazione fiscale la “dichiarazione” con la quale il contribuente comproprietario si qualifica come unico proprietario dell’immobile.

 

Se la CU è intestata solo ad un comproprietario, il reddito è suo. 
Poi si può provare a dimostrare il contrario con gli uffici dell’Agenzia delle Entrate che ti vorranno ascoltare, producendo prove e altro, ma non certo in automatico esiste una soluzione. 

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