Vorrei condividere con voi alcune riflessioni sui rischi degli investimenti necessari per essere/diventare un host in tempi di pandemia. Mi ha ispirato questo post l’intervista che Brian Chesky CEO di Airbnb ha rilasciato recentemente rilasciato facendo riflessioni, tra le altre cose, sulle tendenze del mercato (https://monocle.com/radio/shows/the-entrepreneurs/493/). Airbnb ha dimostrato di essere in grado di cambiare pelle e recuperare margini, dopo aver perso l’80% del fatturato a causa delle restrizioni ai viaggi imposte dalla pandemia. Affitti lunghi, alloggi in luoghi fino ad un anno fa dimenticati, esperienze, hanno permesso di riconquistare terreno perduto. Ma un host in zone non più richieste (es Milano come nel mio caso), non può certo smobilizzare l’investimento fatto per re-investire in zone più ricercate in questo periodo. Perlomeno non può farlo in tempi brevi. A questo punto che cosa è possibile fare? Aspettare tempi migliori? Qualche imprenditore di successo sostiene che un’attività non redditizia da almeno un anno è da convertire/abbandonare, e ormai quel traguardo è ormai superato. Optare per altre forme di affitto? L’offerta degli affitti lunghi è ormai così alta che ha fatto scendere sensibilmente i prezzi. Ci sono altre soluzioni che non riesco ad immaginare e che qualcuno di voi ha individuato? Tutto questo per dire che Airbnb, come peraltro altri colossi com Uber, Booking, hanno scaricato sugli aderenti alle piattaforme il rischio più alto, ovvero l’ingente costo dell’investimento del mezzo che permette di gestire il loro business. Personalmente, in quest’ultimo anno, il mio obiettivo è tentare di non perdere soldi ma, vi assicuro, non è facile. Gli scenari che Chesky immagina per il futuro non mi tranquillizzano. Avete qualche brillante idea che è possibile condividere?
Paolo