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a qualcuno è arrivato da pagare il canone speciale Rai x la televisione di 203,00 euro in quanto detentore di a...
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Cari Host,
oggi voglio farvi una domanda un po' più personale del solito...
Essere host è un'esperienza personale e diversa per ognuno di noi e ogni persona è fatta a suo modo. Non sempre il termine successo coincide per tutti.
Il successo può avere molte forme diverse ed è ovviamente in relazione agli obiettivi che vi siete posti o ai sentimenti che vi hanno fatto iniziare.
Può essere il successo economico, oppure l'occasione di incontrare persone diverse e avere compagnia in una casa altrimenti troppo grande o vuota, può essere la possibilità di imparare una lingua o di provare a se stessi di essere capaci di gestire un'azienda...
Insomma le motivazioni sono moltissime e - per fortuna diversissime.
>> Cosa significa per te essere un host di successo?
A presto,
Fra
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Linee guida della community@Francesca premesso che essere qualsiasi cosa "di successo" nel senso che la societá attribuisce a tale termine forse non mi è mai interessato troppo, se per host di successo si può intendere "fare l'host con soddisfazione", allora posso dirti che per me vuol dire ricevere dalle persone che ospito i segni, verbali o meno, della loro soddisfazione. Sapere che quello che faccio è apprezzato, notato, compreso. Poi anche vedere che gli altri si sentono a loro agio nello spazio che ho creato, che grazie a questo fatto si instaura un rapporto anche fuggevole ma che mi permette di entrare in contatto con l'altro: entrambi per un attimo ci affacciamo dal nostro " io" e comunichiamo.
Poi naturalmente c'è l'aspetto prosaico: per me l'hosting è un'attivitá secondaria, ma deve coprire le spese della casa e le tasse e permettermi di guadagnare qualcosa.
@Francesca @Donatella26 premetto che ho iniziato questa attività per pura combinazione senza avere molta conoscenza. L'ho presa molto seriamente e ho voluto avere delle case belle e complete di tutto. Ho pensato che cosi dovesse essere e mi sono rifiutato di soluzioni che, per prime, non soddisfavano neanche me. Non vedendo gli ospiti perché abito in un'altra regione rispetto a dove sono le case, il mio obiettivo è stato ed è di avere ospiti contenti di stare nelle mie case, di sentirsi a casa loro e in un ambiente bello e molto curato. Nel mio profilo specifico " ....pensando ad ogni comodità, per rendere il soggiorno dei miei ospiti indimenticabile" Sono contento perché fino a questo momento penso di avere raggiunto questo obiettivo. Le recensioni dei miei ospiti sono eccezionali, meravigliose, molte di queste mi lasciano senza parole. L'80% dei mie ospiti sono stranieri che dedicano molto tempo a scrivere la recensione! A mia volta dedico molto tempo nella comunicazione e quando posso accontento l'ospite nel prenotargli il taxi (tassista, sempre lo stesso e sicuro), nel suggerire, solo quando richiesto, il nominativo di un'agenzia noleggio auto e last but non least un accordo con due ristoranti top che fanno lo sconto ai miei clienti. Ecco questo per me è molto appagante e mi fa molto piacere quando l'ospite riconosce queste attenzioni. Mi piacerebbe se Airbnb lanciasse un'azione sulle più belle recensioni e, per riprendere il tema di Francesca ricercare, tramite le recensioni: l'host di successo. Sia ben chiaro che non mi reputo tale, sono contento dei risultati che sto ottenendo, e consapevole che un intoppo può sempre essere dietro l'angolo.
Cominciò quasi per caso, come tutte le cose belle.
Tra quelle mura io sono stata tante cose: molto triste, felice, ribelle, aperta all’erranza, con le trecce, con i capelli lisci, con i biancori e i rossori, ho avuto i tormenti dei quindici anni, ho fatto le fesserie dei sedici, poi mia madre è mancata e in quella enorme casa siamo rimasti solo io e mio padre, che usciva e rientrava, poi il suo trasferimento, ho adottato un cane, o meglio, è lui che ha adottato me, mi sono iscritta all’università, mi sono innamorata, sono stata ricambiata, ma poi no, abulica, smarrita, sciocca, e con una voglia insaziabile di dare un senso a giornate d’arido tedio.
Mio padre all’inizio non voleva. Una ventenne sola in casa, in balia di qualche bizzarro vacanziero anglicano, tuonò. Poi, dopo lunghi e angosciosi pensamenti e ripensamenti, alla fine cedette, a patto però che gli riferissi ogni cosa, il più piccolo dettaglio, perché per diventare davvero adulti bisogna prendersi delle responsabilità o almeno giù di lì.
Fatto sta che un cinereo pomeriggio di novembre, un improbabile viandante greco-ortodosso varcava per la prima volta la soglia di casa mia con il suo sacco a pelo sdrucito da cui sbucava una piccola ascia (cosa che mi sono ben guardata dal riferire a mio padre), e nel giro di qualche anno la mia casa è diventata una girandola impazzita di mille colori, suoni e sapori nel rumore inutile che può fare Milano se non sai bene cosa sei, ma sempre in quello stato mentale dell’avrò fatto una c@zz@ta a fare ‘sta cosa qua, poi, piano piano, il fatto che le persone ritornavano e alcune insistevano pure perché viaggiassi insieme a loro mi dava un po’ di convinzione, forse non ero una completa squilibrata e forse in me c’era qualcosa di buono.
E’ passato tanto tempo da allora, da quando ero inconsapevole e mite, ma, se ripenso a questa esperienza, ora che i pensieri sono chiari, credo che il mio “successo” sia stato aver incontrato un buon amico – l’hosting - che ha riempito il vuoto dentro e fuori di me ed è riuscito a fare ordine nella confusione che mi ritrovavo al posto della vita.
Già. Un bel “successo”, un bel rinnovamento, insomma, cercare le ali per volare da sola, fatica e conquista quotidiana, perizia e caso, rischio e spensieratezza, ma credo anche che ospitare, al di là del ritorno economico, sia stato un gioco contagiosissimo e divertente, un piacere controllato, un modo “altro” di godere la vita, a cui intonare un Om che poco a poco diventa un raga o forse un blues bell’è buono all’hosting indimenticabile di quegli anni, che è quasi archeologia e eccetera eccetera.
Quindi non so. Credo che il mio “successo” sia stato quello di avere trovato uno scopo per cui valeva la pena di fare certe cose, anche folli, tipo puntare la sveglia alle quattro di notte per fare un “check-in” alle cinque, ma che comunque avevano un valore per me: spalancare le porte della mia casa al mondo, transito di esistenze distanti, quasi solo intuite, infilandomi in pensieri e culture lontane che mi sono subito piaciute, abbandonando quei pensieri che si sentono continuamente nei bar e nelle persone di buonsenso.
Per due o tre mesi, mentre iniziavo, ho spesso chiesto a Dio, a cui credevo a giorni alterni, se per caso c’era e, quindi, essendo Dio, conosceva già il mio futuro di host, di avvertirmi se stava già scritto nelle sue intenzioni che avrei fatto un buco nell’acqua ad ospitare forestieri, così restavo tranquilla a casa a studiare le glomerulonefriti o mi dedicavo a gloriose giornate di ozio, di vizio e di aria aperta, e non mi esponevo a fatiche inutili, ma Dio, come al solito, ha taciuto. Cosa che non mi ha affatto stupita perché credo che lui preferisca che le cose le scopriamo da soli nel corso della nostra vita, senza tanti aiuti dall’alto.
E allora via, con un po’ di timore addosso, mi sono buttata in questa bellissima avventura metà fisica e metà no, e ho visto il mio fiumiciattolo farsi lago. Da mite sono diventata dina-mite e ho imparato che il successo non è quello stereotipato della pubblicità o delle riviste, ma è quella cosa che ti fa stare bene e che ti fa combattere ogni giorno per essere felice.
Ho iniziato ad essere un Host alla fine del 2017, il progetto era nella mia testa da circa un anno; è stata una scommessa, non avevo esperienza in materia, ero sempre stata dall'altra parte, quella del Guest, e nemmeno con Airbnb! Poi l'occasione, la possibilità di metterla in pratica, e si, di dare forma al progetto che avevo in testa, un sogno nel cassetto da una parte, una necessità dall'altra, il lavoro fisso, quello dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, non sarebbe più stato "la certezza".
E allora ho detto a me stessa che niente avviene per caso, che i tasselli guarda caso si intersecavano uno nell'altro con facilità, era giunto il momento.
Con quello che era stato il mio bagaglio di ospite ho messo in piedi il mio piccolo monolocale, pensando a ciò che avrei sempre desiderato trovare come turista in giro per il mondo o a due passi da casa e passo passo ho dato forma ai miei desideri e al mio nuovo lavoro.
Sono molto contenta di quello che faccio, gli incontri con i Guest al momento del check in, il più delle volte fugaci, sono la mia soddisfazione, quei 10 minuti o meno di accoglienza mi restituiscono tutta la fatica messa nel rimettere a posto, pulire e sistemare. E vi dirò, anche se non li incontro, perché arrivano ad ore improbabili ed entrano col self check in, sono riuscita fino ad oggi ad entrare in sintonia con ognuno di loro (a parte le insidie sempre pronte e dietro l'angolo) li aspetto online a qualunque ora e si forma un legame a tempo, giusto il loro soggiorno; se ne vanno felici di aver scoperto la città, di aver alloggiato da me, mi ringraziano perché ho loro semplicemente prenotato il taxi, o consigliato la mia pizzeria preferita o detto dove gustare una buona bistecca alla fiorentina, anche se cara, ma do loro la parola, sarà davvero buona.
Ecco, non credo che questo sia "successo" penso piuttosto che se si fanno le cose che ci piacciono, con passione e sentimento, il risultato non può che essere una gran bella soddisfazione.
@Alessandra18 @Emily352 @Alessandro877 @Donatella26 siete belli, bellissimi da leggere e "ascoltare" grazie per le vostre storie così vere, così umane!
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