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a qualcuno è arrivato da pagare il canone speciale Rai x la televisione di 203,00 euro in quanto detentore di a...
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Ciao a tutti!
Molti di voi ospitano i guest in una stanza privata nella loro stessa abitazione: tutti sappiamo che questo comporta delle sfide a cui è necessario prepararsi in anticipo, ma sappiamo altrettanto bene che sono molte le cose belle da raccontare dopo un’esperienza cosí.
Quali sono i consigli e le dritte per ospitare in una stanza privata?
Forse fornire qualcosa di specifico o aggiungere informazioni nelle regole della casa?
Raccontateci il vostro punto di vista e le vostre esperienze!
Un abbraccio,
Francy
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Linee guida della communitySe non mi sbaglio @Giancarlo e @Laura offrono una stanza... quali sono i consigli che vi sentite di dare?
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Linee guida della communityio ne offro due nella casa dove vivo, la terza stanza è la mia... a volte è molto bello a volte è un bel casino.
Sicuramente ci si accorge di molte cose prima che il danno sia stato fatto totalmente, tipo se l'ospite fuma, o se porta gente dentro casa, o se prova ad aprire/forzare le altre porte degli altri ospiti.. tutte queste cose mi sono successe.
Bisogna comunque essere predisposti a tutto questo e il fatto di vivere lì mi ha anche permesso di aiutare gli ospiti in caso di malattia o problemi logistici, non sono mancate 2-3 volte in cui ho fatto la veglia con la sedioletta accanto al cliente con la borsa del ghiaccio in testa, o a misurare ogni ora la temperatura corporea.
Bisogna essere molto autoritari nel momento del checkin, far capire all'ospite che noi viaiamo nella stanza accanto e quindi fargli capire che le regole della casa vanno rispettate per forza, altrimenti vengono cacciati, già successo anche questo.
Avere telecamere nelle zone comuni e all'ingresso è il solo aiuto che ho per capire quello che sta succedendo e prevenire, un esempio degli ulti 3 mesi è stato il fatto di aver ospitato una volta una ragazza (prenotazione per 4 giorni) e una volta un ragazzo (prenotazione per oltre 10 giorni) che dentro casa non sono durati neanche 5 ore, li ho dovuti cacciare e anche in malomodo: si prostituivano e facevano venire i clienti in casa!
Mandando le foto agli altri host amici nei miei dintorni tutti avevano ospitato questi due soggetti ma il fatto di non avere telecamere e di non vivere all'interno dello stesso appartamento ha permesso che questi avessero "lavorato" tranquillamente nelle loro strutture.
Che cosa mi ha spinto ad aprire le porte della mia casa al mondo? La voglia di conoscere e fami nuovi amici, gente nuova e internazionale. Il desiderio di sentirmi meno sola e alla deriva. Di provare a vivere sotto lo stesso tetto con dei completi sconosciuti e provare soddisfazione e appagamento.
A conti fatti, posso dire che l’hosting mi ha fatto scoprire costantemente cose nuove, con le quali non sarei mai entrata in contatto, abitudini di altri paesi che non sono scritte sulle guide turistiche, a stringere legami con persone che difficilmente avrei incontrato nella vita di tutti i giorni in tempi inferiori rispetto a quelli che ero solita concedermi.
Alcuni ospiti erano timidi, cerimoniosi (arrivavano con mezza valigia piena di regali per me, un libro sulla storia della loro città, un tipico boccale di birra tedesco, un vasetto di marmellata di more da assaporare subito nelle colazioni d’autunno), dovevo quasi costringerli ad uscire per unirsi agli altri intorno alla tavola apparecchiata, visto che temevano di disturbarmi e preferivano mangiare in camera cibo da picnic.
Ospitare negli spazi domestici della mia casa degli erranti girovaghi mi ha messo alla prova, mi ha spronata ad avere un atteggiamento positivo e propositivo, mi ha aperta al confronto e allo scambio, e ho imparato anche a capire quando il mio guest aveva bisogno di silenzio e solitudine.
Non tutti gli incontri ravvicinati si trasformeranno in amicizie per la vita, ma vi assicuro che ci sono buone possibilità che qualcuno o qualcuna farà parte dei vostri affetti anche molti anni dopo la conclusione del viaggio, perché ospitare può riservare molte sorprese.
Ho imparato una cucina fusion multietnica. Ho visto nascere amori travagliati in casa mia, uno con happy ending ed io non potevo essere che la “Cupida” della situazione. Con gli ospiti che giravano in casa, facevo le cose che facevo di solito, ma con un extra inaspettato: ad ogni micro-prenotazione mi addormentavo sorridente, libera e fiduciosa. Sento di aver ricevuto tantissimo.
Ospitare è una di quelle cose karmiche che ti tornano indietro in un battibaleno, non c’è tanto da ragionarci su, è una cosa che senti crescere dentro di te. E’ dentro di noi che tutto si gioca. Questa cosa che ti spinge quasi a fare un regalo. Un regalo grande. Tu e la tua città a qualcuno che viene da lontano senza aspettarti nulla in cambio.
Quello che conta davvero è essere curiosi, generosi ed entusiasti. Offrite al vostro ospite quello che avete: che sia una stanzetta piccina picciò o un salone affrescato dal Tiepolo poco importa. L’importante è che siate sempre precisi nella descrizione degli spazi che offrite, privati individuali e comuni, in modo che i viaggiatori possano prendere una decisione consapevole.
Ad esempio una ragazza potrebbe sentirsi a disagio nel condividere il bagno con guest di sesso maschile, un ragazzo potrebbe farsi problemi nel tipo di spazio che dovrà condividere con altri ospiti. Dovete fare in modo che l’esperienza sia la migliore possibile per gli ospiti, quindi assicuratevi di essere sempre chiari nelle vostre comunicazioni.
Parlate di voi. Se convivete con cani o gatti (alcuni ospiti potrebbero avere problemi di allergie) o se l’animale del guest è benvenuto a casa vostra, se vi piace la cioccolata o il pane tostato, se state nudi in salotto a fare yoga alle sei del mattino bruciando incenso, se adorate fare jogging nel parco o centellinare la sera un bicchierino di Porto o farvi travolgere dall’amarezza trionfale del whiskey: tutto ciò per farvi conoscere meglio.
La vostra descrizione è molto importante per dare un’idea di chi siete e creare il giusto feeling con l’ospite. In fin dei conti, se l’ospite ha scelto di soggiornare da voi una ragione ci sarà oltre al prezzo e alle foto! Quella ragione siete proprio voi.
Fatevi un calendastanze, vale a dire un calendario degli arrivi e delle partenze suddiviso per stanze, routine mattutina del lavaggio delle lenzuola, Regole di comportamento e convivenza in bella vista e plico di opuscoli turistici e mappe sul mobile d’ingresso.
Specificate se possono usare la cucina, la lavatrice, la doccia, liberamente o solo in alcune fasce orarie. I fumatori sono ammessi? Chi dorme a casa vostra può rientrare quando vuole? Ci sono degli orari in cui è necessario fare attenzione ai rumori? C’è l’uso esclusivo di un bagno o il bagno è condiviso? Zone vietate all’accesso degli ospiti. Vostre abitudini personali da rispettare, tipo cene con i vostri amici, perché ci sarà un via vai continuo di gente.
Fate parlare le immagini. Foto delle stanze e delle aree comuni. Fotografate i dettagli che ritenete conferiscano un valore aggiunto alla casa. Potete inserire anche una piantina della casa (ci sono siti che danno la possibilità di creare planimetrie in modo rapido) con le varie stanze colorate di un colore diverso in modo che gli ospiti si facciano un’idea della disposizione delle stanze.
Ci sono vari stili di hosting, non c’è una regola al riguardo. Vi posso dire che la mia “filosofia” era molto easy: trattare gli ospiti con cui condividevo un pezzo della mia vita e dei miei luoghi del cuore come amici, senza per questo diventare la classica “amicona”, perché l’amicona o l’amicone è lo step precedente dello “stalker”.
Interessatevi della persona che avete in casa, anche e soprattutto se non avete l’occasione di passare la giornata insieme, ma senza trasformarvi in un lacchè senza livrea, ma soprattutto senza assillarlo o esasperarlo: alcuni host già prima di fare accomodare l’ignaro guest sul divano a fiori e rimpinzarlo di biscottini fatti in casa e limoncello preparato dal marito con limoni fatti arrivare dalla Sicilia tramite corriere, gli hanno già raccontato la storia della loro vita, mostrato le foto delle nipotine, il cagnolino della cognata e la seconda moglie dello zio Salvatore su Facebook.
Ogni stanza deve essere pulita ed in ordine. L’arredo di deve essere semplice e funzionale, quasi monacale. Gli arredi necessari e poco altro. Togliete il superfluo. Questo vi sarà d’aiuto quando pulirete le stanze. Piccolo tavolo d’appoggio con lampada. Reti non cigolanti. Finestre insonorizzate. Luci ben orientate.
L’ospite dovrà provare un senso di relax e confort, sentendo di aver trovato un porto sicuro dove riposare le stanche membra dopo aver camminato tutto il giorno.
La convivenza impone scelte drastiche: trovare posto alle cose degli ospiti delle varie stanze. Ogni bagno dovrà prevedere uno spazio dedicato (uno scaffale, un mobiletto ecc.) ai suoi asciugamani, al suo beauty, lo stesso dicasi per il frigorifero (se avrà l’uso condiviso della cucina), uno spazio nell’attaccapanni ecc.
Ci vuole del tempo per trovare una propria dimensione, un buon bilanciamento tra soddisfazione materiale e spirituale nel prestare la propria casa a tempo a qualcuno, a sperimentare una modalità di gestione ben rodata e tutto sommato non troppo faticosa. L’idea è che l’arrivo di un nuovo ospite impatti la vostra vita in modo positivo e leggero, non deve essere un’esperienza pesante che vi crei stress o ansia da prestazione. Se l’umore peggiora immediatamente e sentite il polso accelerare, lasciate perdere che è meglio.
Pazienza, flessibilità e disponibilità saranno i vostri alleati più preziosi. La convivenza vi porterà a gestire situazioni impreviste o di emergenza e a imboccare qualche strada secondaria. Bisogna avere un po’ di coraggio e mettersi il gioco.
Sarete chiamati a porre fine ad una lite al veleno di una coppia di turisti gay, a tranquillizzare un ospite un po’ apprensivo, a gestire ospiti esigenti o guastafeste, a spezzare il pane dei valori in cui credete potendoli finalmente esprimere accogliendo turisti da tutto il mondo stando seduti comodamente sul divano di casa vostra.
Scoprirete allora che l’hosting non innalza vincitori, non accetta nessuna coppa a cinque stelle, l’unica coppa che alza è un calice di vino. L’hosting vuol solo far battere i cuori, non vince mai perché non sfida mai nessuno. L’hosting livella, riequilibra, pareggia i conti con il destino.
mi è piaciuto leggere il tuo post emily, io e mio marito da agosto abbiamo iniziato ad affittare una stanza in casa nostra, non so cosa mi ha spinto, devo dire che sinora l'esperienza è stata molto gratioficante.
ogni volta conoscere l'ospite è una sopresa, un arricchimento (sinora di esperienza non tanto positiva solo una).
ciao. buone cose
Che meraviglia! Più di 500 msg e non sei nè un superhost nè un guest? Che succede, @Emily352!? Sono curiosa. Secondo me dovrebbero assegnarti il titolo di superhost ad honorem. Mi viene quasi voglia di venire lì da te solo per conoscerti...
Ti ringrazio, @Vania36, per le gentili parole, ma voglio dire. E tu, allora!? Non sei forse come me? Nè carne né pesce!? Ti (ri)spiego: mai utilizzai codesto portale di home booking. Tanti anni fa iscrissi mio padre, gestendo alcuni immobili di sua proprietà per suo conto. Anche l’immobile in cui risiedevo. Ho ospitato centinaia di viaggiatori in casa mia. Serbo ancora tantissimi (incancellabili) ricordi: l’hosting ha lasciato un segno indelebile dentro di me.
Qualsiasi ringraziamento risulterà inadeguato e incompleto, tuttavia voglio provarci. Desidero ringraziare tutte le persone che ho ospitato: a tutti offro la mia più profonda gratitudine per avere portato nella mia vita moltissima bellezza, grazia, amore, gioia, intensità, angosce, sporcizia, confusione e allegria. In altre parole, per averla resa vera.
Anche se non ospito più da tanto tempo, l’hosting è vivo nel mio cuore, nella mia mente e nella mia anima. E’ bello sapere che è là fuori da qualche parte. Non devi fare altro che provare a cercarlo e lo troverai, amica mia (io non riesco più a trovarlo in AIRBNB). Pace, amore (e stelle).
Emily
Ciao,
io offro una stanza privata con bagno in comune - in casa ci sono 2 stanze da letto, la mia e quella per gli ospiti.
La casa è una tipica casa di prima periferia italiana degli anni '60, quindi non proprio bella ma con stanze grandi e luminose. Casa senza ascensore. Questo mi porta ad avere al 90% coppie giovani (soprattutto non italiane) come ospiti - il prezzo per 2 persone è conveniente per le coppie che si adattano alla condivione.
Devo dirvi che in tutti questi anni non ho avuto MAI un problema.
Da parte mia ho affinato i dettagli:
Annuncio più chiaro possibile cercando di non creare false aspettative.
Cercare di capire subito le persone ceh ho davanti e rassicurare con gesti e parole il rispetto assoluto della loro privacy - soprattutto se sono ragazze o donne - questo aiuta a stabilire un rapporto almeno cordiale se non buono.
La casa non sempre ordinata ma cerco di essere al meglio per pulizia degli spazi comuni.
Gli ospiti hanno a loro disposizione un frigo loro e soprattutto, anche se non la offro nell'annuncio, la colazione; faccio sempre trovare loro dei prodotti perché possano fare almeno nei primi giorni un'ottima colazione.
In sintesi:
pulizia, rispetto della privacy, non creare false aspettative ma offrire un qualcosa in più che loro non si aspettano in una sistemazione non propriamente di alta gamma.
Queste sono le cose (credo) che mi stanno aiutando ad essere superhost senza avere una sistemazione da favola da offrire 🙂
Fatemi capire una cosa: solo io ho ospiti rompicoglioni?
Certo le esperienze positive non mancano assolutamente! Ecco però un elenco delle ultime cose che mi sono capitate:
-ospiti che arrivano in ritardo senza dire niente smettendo di rispondere ai messaggi o dicendomi del ritardo solo dopo mia richiesta
-gente che si comporta come se fosse in casa da sola anche se ci sono io e altri ospiti
-gente che è visibilmente infastidita che gli debba fare il tour della casa
-ospiti che tornano tardi o si alzano presto facendo talmente casino che svegliano sia me che gli altri ospiti
-gente che mi fa sentire a disagio in casa mia come se io manco ci vivessi
-gente che sta per una settimana in una stanza in appartamento condiviso e a malapena quando ti vede ti dice ciao
Per finire una cosa che mi lascia senza parole: ma solo i miei ospiti con il letto fatto e il lenzuolo palesemente sopra i cuscini se ne sbattono e dormono direttamente con la coperta addosso?
Cioè veramente avete avuto solo esperienze meraviglioso/fantasy?
Dai
L’alchimia dell’hosting è indecifrabile, @Lucilla14. Ospitare un perfetto sconosciuto è sempre un’incognita perché non puoi mai sapere che cosa ti ha riservato il destino.
Tieni presente che ci sono un sacco di turisti che sanno viaggiare bene, ma non è affatto detto che viaggino come fai o vorresti fare tu, come non è affatto detto che abbiano le tue stesse abitudini in fatto di letti, cucina e bagno.
Le relazioni con gli ospiti possono essere impegnative, e non sempre è facile viverle con tranquillità. I rapporti umani sono la cosa che ci può dare gioia nella vita, ma può anche farci vivere le esperienze più dolorose, indipendentemente da quanto impegno ci mettiamo.
Alcuni ospiti possono essere molto esigenti: gli inglesi, abituati a viaggiare bene, lo sono: puoi stare tranquilla che se il famoso ago sta nel pagliaio, loro riescono a trovarlo. Difficile farli diventare compagni di briscola.
Gli italiani e gli americani invece sono più inclini a farsi stordire dalle apparenze: gli basta vedere un letto king size e l’idromassaggio per restare tanto abbagliati da non far caso a dettagli come le persiane fatiscenti sul punto di crollare in cortile o il frigo che ronza come una turbina rotta e via discorrendo.
Pertanto non è affatto garantito che il “coniugio” host/guest funzioni. A volte non c’è proprio chimica, e allora, pinkfloydamente, scopri “The dark side of the moon”.
Io ho visto arrivare a casa mia gente improbabile con valigie luminose a LED, giacche rosso pustola e mocassini bianchi,
giapponesi che invece di dormire sul letto, preferivano dormire sul pavimento su stuoia e futon da viaggio,
maschi americani dall’aspetto bovino che quando arrivavano in ritardo, non sentivano neanche il bisogno di scusarsi, essendo convinti che questo fosse dovuto ad un evento del tutto imprevisto, una causa di forza maggiore come uno tzunami o un meteorite caduto in piazza Duomo,
vispi ragazzini con il cappellino dell’Uomo Ragno che usavano il mio armadio francese come bersaglio per le freccette,
pensionati postali, poco inclini al sorriso, che al check-in mi domandavano, con candore, se per caso c’erano ospiti finocchi in casa, perché loro assolutamente li detestavano, i finocchi,
biondone vichinghe che uscivano nude dalla doccia e, con estrema naturalezza, venivano in cucina a farsi un tè,
maschi caucasici nostrani, sudati e agitatisssimi che vedevano un problema in ogni metro quadrato che calpestavano, lo vedevano e me lo regalavano, che cercavo di calmare e tenere occupati con qualche gioco da adulti (una birra, un giornale sportivo, un cellulare di ultima generazione),
turiste dell’Est in tuta in lycra rosa mestruo, che avrei voluto davvero prendere da parte e consigliare loro nella maniera più delicata di non mettersi mai più quella tutina, che - nonostante nell’annuncio avessi scritto che non somministravo colazioni perché non ero un B & B, ma facevo locazione turistica - mi chiedevano un’abbondante colazione in camera, beninteso non prima delle dieci, possibilmente salsicce, Emmenthal e mostarda di Digione, che mandavo regalmente affankulo insieme a
quelle pedanti signorine Rottermeier che mi facevano sentire una piattola per il fatto di non aver fatto trovare loro all’arrivo i Ferrero Rocher sul cuscino ipoallergenico come il precedente Superhost di Firenze (maledetto Superhost di Firenze, aspetta solo che venga a Firenze, poi vedi dove te li metto i tuoi Ferrero Rocher).
E’ abbastanza? In quei momenti non è mai abbastanza perché, a volte, non so perché, ma alcuni dettagli mi muovevano a compassione, altre volte mi sembrava di essere finita nella sala di ricreazione di un centro d’igiene mentale.
Con gli ospiti rompikoglioni facevo esercizio di self-control, non alzavo la voce e non facevo l’antipatica. Facevo solo un po’ la sostenuta. Non è che la sostenuta mi veniva poi così bene, diciamo che ero una sostenuta tendente alla stronza, e molto vicina all’antipatica. Questo atteggiamento, oliato e collaudato, a volte mi faceva star male, ma con l’esercizio questa sorta di senso di colpa, devo dire, si è attenuato fino quasi a scomparire.
Non sempre è andata male (se fosse sempre andata male, anche le mosche sarebbero fuggite, ad ali e zampe levate), ti sto solo dicendo che può capitare.
Fortunatamente, c’è anche “The bright side of the moon”. Le emozioni che si vivono non sono tutte negative, ci sono stati momenti davvero divertenti in cui mi sentivo serena e appagata, nonostante tutto il casino, i continui arrivi e partenze. Ci sono stati ospiti che hanno messo radici nel mio cuore, ospiti con cui restavo a parlare per ore a tavola, ospiti con cui ho tenuto vivo il rapporto, l’ho consolidato tanto da volerli rivedere e viaggiare con loro.
Insomma, se ho raggiunto questo livello d’intimità con alcuni ospiti, significa che qualcosa di buono, prima, devo averlo fatto. Ad esempio ho imparato a essere gentile con gli altri partendo da me. Quello che voglio dire è che se non fai caso a come ti vesti, sarai una pessima spalla per lo shopping dei tuoi ospiti, se non ti prendi cura della scenografia della tua casa, difficilmente sarai in grado di soddisfare la voglia dei turisti di stare bene in un setting in cui passeggiare con agio
E’ questo il souvenir più significativo che mi sono portata a casa da questa esperienza. E, a modo mio, cerco di tenermelo sempre a portato di mano, anche se è da tanto che non ospito più. E’ qualcosa che ormai fa parte di me, dei miei comportamenti quotidiani, è un pezzetto della mia identità di oggi.
E poi mi sono accorta che non avevo tempo per pensare alle brutte esperienze, perché l’hosting correva molto più in fretta di me, lasciandomi senza fiato. L’hosting è tempo e vita: l’hosting ti regala sempre un nuovo inizio.
Questo è uno strano “gioco” in cui non si vince o non si perde, in cui non si arriva primi o ultimi. L’hosting è come l’amore. Non ci si innamora o disinnamora. Nell’hosting, come nell’amore, si cresce.
AVVERTENZE
Questo post contiene scene di forte impatto emotivo. Può causare a coloro che praticano la prenotazione immediata ansia, depressione, diarrea, nausea, vomito, occhi sporgenti, tachicardia, disturbi del sonno, secchezza delle fauci.
Contiene un linguaggio esplicito, come spesso è quello dei sentimenti.
I fatti e le persone raccontati in questo post non sono puramente casuali.
L’alchimia dell’hosting è indecifrabile. Ospitare uno sconosciuto è sempre un’incognita perché non puoi mai sapere che cosa ti ha riservato il destino.
Tieni presente che ci sono un sacco di turisti che sanno viaggiare bene, ma non è affatto detto che viaggino come fai o vorresti fare tu, come non è affatto detto che abbiano le tue stesse abitudini in fatto di letti, cucina e bagno.
Le relazioni con gli ospiti possono essere impegnative, e non sempre è facile viverle con tranquillità. I rapporti umani sono la cosa che ci può dare gioia nella vita, ma può anche farci vivere esperienze dolorose, indipendentemente da quanto impegno ci mettiamo.
Alcuni ospiti possono essere molto esigenti: gli inglesi, abituati a viaggiare bene, lo sono: puoi stare tranquilla che se il famoso ago sta nel pagliaio, loro riescono a trovarlo. Difficile farli diventare compagni di briscola.
Gli italiani e gli americani invece sono più inclini a farsi stordire dalle apparenze: gli basta vedere un letto king size e l’idromassaggio per restare tanto abbagliati da non far caso a dettagli come le persiane fatiscenti sul punto di crollare sulla loro auto o il frigo che fischia come una turbina impazzita e via discorrendo.
Pertanto non è affatto garantito che il “coniugio” host/guest funzioni. A volte non c’è proprio chimica, e allora, pinkfloydamente, scopri “The dark side of the moon”.
Ho visto sbarcare a casa mia gente improbabile con valigie luminose a LED, giacche rosso pustola e mocassini bianchi,
giapponesi che invece di dormire sul letto, preferivano dormire per terra su stuoie e futon da viaggio,
maschi americani, dall’aspetto bovino, che quando arrivavano in ritardo, non sentivano neanche il bisogno di scusarsi, essendo convinti che questo fosse dovuto ad un evento del tutto imprevisto, una causa di forza maggiore come uno tzunami o un meteorite caduto in piazza Duomo,
vispi ragazzini con il cappellino dell’Uomo Ragno che bersagliavano il mio armadio di freccette,
pensionati INPS, poco inclini al sorriso, che al check-in mi domandavano, con candore, se per caso c’erano ospiti finocchi in casa, perché loro assolutamente li detestavano, i finocchi,
biondone vichinghe che uscivano mezze nude dalla doccia e, con estrema naturalezza, venivano in cucina a farsi un tè,
maschi caucasici nostrani agitatissimi, che vedevano un problema in ogni metro quadrato che calpestavano, che cercavo di calmare e tenere occupati con qualche gioco da adulti (una birra, un giornale sportivo, un cellulare di ultima generazione),
turiste dell’Est in tuta in lycra rosa mestruo, che avrei voluto davvero prendere da parte e consigliare loro nella maniera più delicata di non mettersi mai più quella tutina, che - nonostante nell’annuncio avessi scritto che non somministravo colazioni perché non ero un B & B - mi chiedevano la colazione in camera non prima delle dieci, possibilmente salsicce, Emmenthal e mostarda di Digione, che mandavo regalmente @ff@nkulo insieme a
pedanti signorine Rottermeier che mi facevano sentire una piattola per il fatto di non aver fatto trovare loro all’arrivo i Ferrero Rocher sul cuscino ipoallergenico come il precedente Superhost di Firenze (maledetto Superhost di Firenze).
E’ abbastanza? In quei momenti non è mai abbastanza perché, a volte, non so perché, ma alcuni dettagli mi muovevano a compassione, altre volte mi sembrava di essere finita nella sala di ricreazione di un centro d’igiene mentale.
Con gli ospiti tambussamaroni facevo esercizio di self-control, non alzavo la voce e non facevo l’antipatica. Facevo solo un po’ la sostenuta. Non è che la sostenuta mi veniva poi così bene, diciamo che ero una sostenuta tendente alla stronz@, e molto vicina all’antipatica. Questo atteggiamento, oliato e collaudato, a volte mi faceva star male, ma con l’esercizio questa sorta di senso di colpa, devo dire, si è attenuato fino quasi a scomparire.
Non sempre è andata male (se fosse sempre andata male, anche le mosche sarebbero fuggite, ad ali e zampe levate), ti sto solo dicendo che può capitare.
Fortunatamente, c’è anche “The bright side of the moon”. Le emozioni che si vivono non sono tutte negative, ci sono stati momenti davvero divertenti in cui mi sentivo serena e appagata, nonostante tutto il casino e i continui arrivi e partenze.
Ci sono stati ospiti che hanno messo radici nel mio cuore, ospiti con cui restavo a parlare per ore a tavola, ospiti con cui ho tenuto vivo il rapporto, l’ho consolidato tanto da volerli rivedere. Con alcuni ci ho perfino viaggiato.
Insomma, se ho raggiunto questo livello d’intimità con alcuni ospiti, significa che qualcosa di buono, prima, devo averlo fatto. Ad esempio ho imparato a essere gentile con gli altri partendo da me. Voglio dire: se non fai caso a come ti vesti, sarai una pessima spalla per lo shopping dei tuoi ospiti, se non ti prendi cura della scenografia della tua casa, difficilmente sarai in grado di soddisfare la voglia dei turisti di stare bene in un setting in cui passeggiare con agio.
E’ questo uno dei souvenir più belli che mi sono portata a casa da questa esperienza. E, a modo mio, cerco di tenermelo sempre a portato di mano. E’ qualcosa che ormai fa parte di me, dei miei comportamenti quotidiani, è un pezzetto della mia identità di oggi, anche se non ospito più e, a volte, una galoppante malinconia nitrisce ancora dentro di me.
E poi mi sono accorta che non avevo tempo per pensare alle delusioni, alle brutte esperienze, perché l’hosting correva molto più in fretta di me, lasciandomi senza fiato: l’hosting ti regala sempre un nuovo inizio. L’hosting è tempo e vita, e, come tutte le cose belle, non ha una strada rettilinea, ti porta su strade inaspettate per farti vedere qualcosa di diverso.
Questo è uno strano “gioco” in cui non si vince o non si perde, in cui non si arriva primi o ultimi. L’hosting è come l’amore. Non ci si innamora o disinnamora. Nell’hosting, come nell’amore, si cresce.
Hey @Emily352 ,
ho riletto questo post dopo tanto tempo e ancora non so se ridere o piangere!
Quante esperienze!
Fra
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