Ci ho messo un po’ ad ingranare, ad abituarmi al ritmo di AIRBNB, e, quindi, a gestire quasi in automatico gli arrivi e le partenze. Per me è stato un continuo divenire, una crescita continua dal giorno in cui il primo ospite ha varcato la soglia di casa mia.
Anche se è da tempo che non ospito più, mi capita ancora di svegliarmi nel cuore della notte dopo aver sognato Kamesh, un ospite indiano con l’eyeliner e pantaloni di pelle rosa shocking. O Amandine e Claire, due fedelissime ospiti francesi che si vestivano allo stesso modo come le gemelline di Shining. Perché, anche senza risvegli notturni raccappriccianti, mi capita spesso di pensare con rimpianto a quei giorni felici.
La storia del mio rapporto con AIRBNB è travagliata quanto quella di un eroina di un romanzo russo. Nel lontanissimo anno del Signore 2009 una scintllla interiore mi ha sospinto, con curiosità, verso codesto portale.
Con questo compagno di viaggio ho imparato che ospitare significa amare la propria casa perché guardandola con gli occhi di un ospite, mi è venuta voglia di migliorarla, di darle tutte quelle piccole attenzioni e cure che altrimenti avrei tralasciato.
Mi sono divertita e scornata mille volte con le persone che ho ospitato, sopraffatta dall’altalena emotiva che esplodeva ogni giorno in casa mia, mentre cercavo, senza rassegnazione, la “risposta nel vento” di Dylan.
All’inizio ho commesso un sacco di errori. Ospitare è pericoloso. Ospitare fa perdere l’equilibrio ed io sono caduta mille volte, e mille volte mi sono rialzata.
Osservare come altre persone hanno descritto la loro casa e leggere le recensioni è stato utilissimo per prendere spunti e suggerimenti e capire cosa gli ospiti apprezzino di più. Piano piano, senza quasi accorgermene, ho assunto un atteggiamento positivo e propositivo.
Con l’andar del tempo ho anche imparato a lasciarmi andare. Ho smesso di credere in AIRBNB, ho smesso di obbedire, ho smesso di preoccuparmi di punteggi stabiliti da altri.
Ho imparato che gli ospiti non sono tutti uguali.
Ho imparato quelle piccole cose che piacciono a loro, che fanno sentire loro i benvenuti.
Ho imparato a rispettare gli spazi e i tempi altrui.
Ho imparato a capire quando il mio ospite aveva bisogno di silenzio e solitudine.
Ho imparato che l’ospite mette radici nel mio cuore.
Ho imparato che l’ospitare muove montagne.
Ho imparato che non c’è mai fine, ma sempre e solo inizio.