In quel momento hai poco più di vent’anni. E' una sera del 2009. Non hai ancora deciso di dirlo a tuo padre, ed ora, adesso che sta di nuovo partendo, sei sicura che non lo farai. Non ora, più tardi forse. Lo terrai per te.
Tuo padre è in cucina. “Papà” dici. “E’ pronta la cena?” Vuoi sentire la sua voce, è il tuo modo di intuirne lo stato d’animo. In realtà, ti dà il pretesto per dirgli che la casa è vuota senza di lui e che ti senti pronta ad affittarla a chi si sente viaggiatore, e non turista. Un modo non convenzionale per scoprire nuovi mondi e sentirti meno sola e alla deriva.
Tuo padre lascia cadere il coltello sul tagliere in legno e si asciuga le mani nel canovaccio. Scola l’acqua bollente e, avvolto in una nuvola di vapore, dice “Ho l’impressione che tu voglia crescere troppo in fretta”.
“Papà” dici, ma è troppo flebile il suono della tua voce. Provi a rimediare. “Fammi provare”.
I suoi occhi di lago ti fissano e dalla cavità del suo petto esce una specie di “Oh” ed è in quel momento che quelle lacrime bastarde ti scorrono sulle guance, ed allora reclini all’indietro la testa per non fare vedere a tuo padre quel che si è spalancato dentro di te, all’improvviso.
Ti giri, superi il vapore della cucina e le cattive notizie del telegiornale del salotto per correre in camera. Su un post-it giallo scrivi la parola “host”. Lo stomaco ti si attorciglia. Puoi sentire i polmoni che inalano la tua stessa aria. Ti guardi intorno. Non sai bene da dove cominciare. Non conosci nessuno che abbia affittato casa con AIRBNB e questo ti regala un cupo piacere.
Ti chiedi se per farlo accadere davvero, avrai abbastanza coraggio e se l’allegro vangelo di questo portale lenirà le tue pene. Ti chiedi se questa esperienza ti cambierà e per un istante ti vedi una persona diversa.
Pensi a tutte queste cose, poi ti giri verso la finestra, mentre il sole scende sotto i tetti di Milano.
Messaggio inviato con un telefonino da povero da Emily in versione estiva ridotta
